Blocco stipendi dipendenti pubblici: spetta anche il risarcimento del danno.
- Avv. Andrea Casella
- 27 mar 2018
- Tempo di lettura: 3 min
- Dott. Amedeo Aramino -
I dipendenti pubblici hanno il diritto di richiedere allo Stato l’indennizzo e il risarcimento conseguentemente al “blocco incostituzionale” del proprio stipendio.
Dopo lunghe attese, finalmente, gli arretrati sono arrivati.
Dette somme, però, non cancellano le ingiustizie derivanti dal mancato rinnovo del contratto subito per anni.
Sul punto, infatti, è bene sapere come i dipendenti pubblici hanno il diritto di richiedere allo Stato il risarcimento e l’indennizzo per aver sofferto il blocco incostituzionale dello stipendio.
A partire dal 2010, infatti, il legislatore ha disposto che i dipendenti pubblici, rientranti nel regime di contrattazione collettiva, subissero un “congelamento” delle retribuzioni.
Da allora le cose sono lievemente migliorate, in quanto migliaia di dipendenti hanno assistito allo “sblocco” del proprio contratto, dovuto al rinnovo della contrattazione pubblica.
I problemi del passato, tuttavia, sono rimasti irrisolti: i lievi aumenti dello stipendio ed il cd. bonus “una tantum” a titolo di arretrati, infatti, non cancellano le ingiustizie derivanti dal mancato rinnovo del contratto subito per anni da migliaia e migliaia di lavoratori.
Lo stipendio dei dipendenti pubblici è rimasto bloccato per oltre otto anni consecutivi. Le ragioni che nel 2010 portarono il legislatore a bloccare il rinnovo dei contratti dovevano ritenersi contingenti ed urgenti ma non applicabili discrezionalmente e per un tempo lunghissimo, come invece è stato fatto. Ed infatti, i contratti del pubblico impiego sono rimasti fermi per molti anni, ed il cosiddetto “sblocco” della contrattazione è stato realizzato solo di recente.
Evidente, dunque, il grave danno economico subito da migliaia di lavoratori.
L'intervento della Consulta
L’illegittimità di tale situazione è stata dichiarata anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 178 del 24.06.2015.
Sulla scorta delle considerazioni anzidette, la Corte Costituzionale è arrivata a sostenere che i contratti dei pubblici dipendenti non potevano essere bloccati ancora, atteso che la previsione del blocco era frutto di una situazione di bilancio contingente e che trovava peraltro disciplina in una legislazione di urgenza. Per tale ragione, secondo i Giudici delle leggi, si sarebbe verificata, con riferimento alla legge del 2010, un’ipotesi di illegittimità costituzionale sopravvenuta.
Ciò posto, il blocco della contrattazione ha determinato certamente un danno economico per i dipendenti pubblici ma, per il periodo anteriore alla sentenza costituzionale, il sacrificio economico doveva ritenersi determinato da un’attività lecita – in quanto legislativamente determinata - della Pubblica Amministrazione.
Indennizzo e risarcimento
Per questo motivo, all'indomani della sentenza della Consulta, si è iniziato a parlare sia di “indennizzo” che di “risarcimento del danno” (il primo dovuto in caso di danno prodotto da attività lecita; il secondo, invece, dovuto in caso di danno derivante da fatti illeciti), distinguendo a tale fine:
- il periodo gennaio 2010 - giugno 2015, in relazione al quale al dipendente spetterebbe l’indennizzo;
- il periodo , in relazione al quale al dipendente spetta
un vero e proprio .
Più precisamente, ciò che generalmente viene richiesto è:
- un equo indennizzo, a compensazione del sacrificio imposto ai lavoratori per
effetto del mancato adeguamento del trattamento economico-stipendiale, per
il periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 30 luglio 2015, anche a titolo
di arricchimento senza causa dell’amministrazione; l’equo indennizzo
richiesto è pari, in media, a 100 euro al mese per ogni dipendente che abbia
subito il “blocco” del proprio contratto di lavoro;
- il risarcimento del danno per il periodo successivo, e cioè a partire da
settembre 2015 sino all’effettivo rinnovo contrattuale. Il risarcimento
richiesto è pari, in media, a 200 euro al mese per ogni dipendente che abbia
subito il “blocco” del proprio contratto di lavoro.
Alcuni, seguendo un’interpretazione più restrittiva della sentenza costituzionale, hanno optato per la richiesta di sblocco dell’indennità di vacanza contrattuale e contestuale recupero degli arretrati da settembre 2015 sino all’effettivo rinnovo contrattuale.
Dott. Amedeo Aramino
Dottore in Giurisprudenza
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